da admin | Lug 18, 2023 | Blog
Tutti abbiamo sperimentato, nel migliore dei casi, momenti in cui la rabbia ci ha portato a prendere decisioni sbagliate, ferire i sentimenti degli altri o a comportarci in modo aggressivo (tutte cose di cui ci siamo pentiti immediatamente) o a vivere per lunghi periodi letteralmente schiacciati dallo stress. Nel peggiore, invece, la rabbia può portare a conseguenze ben più gravi: ha condizionato e distrutto le nostre relazioni, ci ha fatto perdere il lavoro o ci ha precluso importanti opportunità.
Indipendentemente da quale ruolo giochi la rabbia nella tua vita, dall’irritabilità occasionale ad un costante atteggiamento aggressivo verso gli altri, la chiave per affrontare la tua rabbia in modo più efficace è capire come funziona. Perché, purtroppo, quasi tutti fraintendono i meccanismi alla base di quest’emozione così distruttiva.
In questo articolo, esamineremo alcuni dei miti e dei fraintendimenti più comuni e potrai scoprire le molte sfaccettature della rabbia (e capire quali ti sono più comuni!). Iniziamo subito con una distinzione essenziale che è necessario fare fin dall’inizio e che è il nostro primo concetto chiave sulla rabbia.
Concetto chiave sulla rabbia #1: La rabbia è diversa dall’aggressività.
Dal punto di vista psicologico, la rabbia è un’emozione, mentre l’aggressività è un comportamento. Anche se queste due parole sembrano quasi sinonimi, differiscono completamente in una dimensione fondamentale: il controllo.
Dal punto di vista tecnico, non puoi esercitare un controllo diretto su nessuna emozione, compresa la rabbia. E poiché non puoi controllare direttamente le tue emozioni, non puoi essere responsabile di esse. In effetti, questa distinzione è presente addirittura nel nostro sistema legale: nessuno viene mandato in prigione per ciò che ha provato, non importa quanto arrabbiato o furioso fosse. Invece veniamo puniti in base a ciò che facciamo, compreso l’agire in modo aggressivo verso altre persone.
Non puoi influenzare le tue emozioni in maniera diretta, ma puoi farlo indirettamente, cambiando il tuo dialogo interiore e modificando il modo in cui pensi (…e di conseguenza come ti comporti). Ad esempio, se pensi continuamente a quanto siano maleducati tutti gli automobilisti in città, la tua rabbia probabilmente aumenterà. D’altra parte, se metti la tua canzone preferita su Spotify e sei grato di non essere mai stato coinvolto in un grave incidente stradale, la tua rabbia probabilmente diminuirà.
Concetto chiave sulla rabbia #2: Non puoi controllare direttamente la rabbia.
Anche se non hai un controllo diretto sull’emozione o sulla sensazione di rabbia, hai il controllo sulla tua aggressività, che è la decisione di agire ed esprimere la tua rabbia, sia mentalmente che fisicamente.
Esempio: ti arrabbi perché il tuo compagno o la tua compagna ti ha criticato per il disordine in casa, quindi rispondi con un commento sarcastico sulla sua pessima abilità di lasciare tutto in giro. Oppure, ancora peggio, ripercorri i 101 modi in cui il tuo partner ti critica costantemente. Sia la tua decisione di parlare sarcasticamente che quella di rimuginare mentalmente, sono atti di aggressività che sono sotto il tuo controllo, anche se possono sembrare istintivi o naturali.
Concetto chiave sulla rabbia #3: Puoi controllare la tua aggressività.
La maggior parte di noi lotta con la rabbia e l’aggressività molto più di quanto sia necessario perché fraintendiamo questa distinzione di base tra rabbia e aggressività e che ruolo giochi in tutto questo la nostra capacità di controllo. In particolare, la maggior parte delle persone pensa di dover gestire la propria rabbia (dopotutto, tutti parlano di “gestione della rabbia”!). Ma quando cerchiamo di farlo e inevitabilmente falliamo, accadono due cose spiacevoli: ci sentiamo arrabbiati e delusi di noi stessi e sprechiamo energia mentale che invece potrebbe essere utilizzata per gestire la nostra aggressività! In altre parole, il prezzo di cercare di controllare la propria rabbia è quello di perdere il controllo sulla propria aggressività. E questo ci porta al quarto punto.
Concetto chiave sulla rabbia #4: Cercare di controllare la tua rabbia rende più difficile controllare la tua aggressività.
Se cercare di controllare la tua rabbia la rende solo più forte e aumenta la probabilità che tu agisca in modo aggressivo, la soluzione è invertire o capovolgere la relazione: riconoscere e accettare la tua rabbia per quello che è e indirizzare invece i tuoi sforzi di controllo verso la tua aggressività.
Tieni presente che l’aggressività non si riferisce solo a grandi atti di violenza. Sia che tu lo esprima apertamente, sia che tu lo pensi soltanto, essere eccessivamente critici o giudicanti verso qualcuno è un atto di aggressività. Così come è un atto di aggressività rispondere sarcasticamente o rispondere alzando gli occhi al cielo.
Parliamo ora delle due convinzioni sulla rabbia che la maggior parte delle persone ha, ma che sono in realtà false. Abbiamo già parlato della distinzione tra rabbia e aggressività e perché è fondamentale capire in che modo sono diverse. Il secondo passo che dobbiamo compiere è sradicare i “falsi miti” sulla rabbia per capire veramente come funziona nella nostra vita e smettere di esserne così influenzati.
Falso mito sulla rabbia n. 1: Devi esprimere la tua rabbia per “lasciarla andare”.
L’idea che “dobbiamo esprimere, liberare o sfogare la nostra rabbia altrimenti diventerà distruttiva” esiste fin dai tempi di Freud, ed è diventata un “meme”, una credenza e una convinzione diffusa nella cultura e nell’immaginario collettivo. L’unico problema è che non è vero.
La ricerca scientifica (Sfogare la rabbia ne alimenta o ne spegne la fiamma? Catarsi, ruminazione, distrazione, rabbia e risposta aggressiva – 2002, Brad J. Bushman) ha dimostrato chiaramente che la teoria catartica della rabbia – cioè sfogare o rimuginare sulla rabbia per “liberarsene” – non fa nulla per ridurne l’intensità. Anzi, la rende addirittura più forte! E questo ci porta al quinto concetto chiave.
Concetto chiave sulla rabbia n.# 5: Il rimuginìo e lo sfogo intensificano la rabbia.
C’è una distinzione importante tra l’emozione della rabbia (che non puoi controllare) e il problema che ha causato la rabbia e che spesso ha a che fare con la capacità di comunicare in maniera efficace. Se sei frustrato con il tuo partner, con tuo figlio o con un collega per un comportamento che ritieni sbagliato e che continua a ripetersi, rimuginarci su in mezzo al traffico o sfogarti con un amico durante una serata al bar non è utile. Sarebbe invece utile avere con il tuo partner, con tuo figlio, con il collega, una conversazione rispettosa, ma sincera e aperta sull’argomento. In altre parole, cerca di affrontare la causa della rabbia, non la rabbia stessa.
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Falso mito sulla rabbia #2: La rabbia non è un’emozione negativa.
Di solito pensiamo che la rabbia sia un’emozione negativa perché le persone arrabbiate spesso fanno cose negative. Dopo un litigio con il tuo partner o con i tuoi colleghi, lanci qualcosa per aria accumulando così altra rabbia e un bel po’ di vergogna. Un auto che viaggia a tutta velocità ti taglia la strada e sei così arrabbiato che acceleri anche tu in un vago tentativo di “acciuffare” il trasgressore e strombazzargli, guidando tu stesso in modo aggressivo e pericoloso.
Ma se ci pensiamo bene, è abbastanza stupido valutare un fatto come negativo in sé in base alla qualità di ciò che segue. Una pentola calda sul fornello non è “cattiva” solo perché ti sei scottato il dito. Qui la conseguenza (la bruciatura) è spiacevole, ma in realtà è un fatto positivo: la tua bruciatura sarebbe molto peggiore se i segnali di dolore del tuo corpo non ti avessero “avvisato” di una situazione pericolosa.
Allo stesso modo, la rabbia non è un’emozione negativa in sé solo perché hai risposto male a un parente durante il pranzo di Natale. Il tuo comportamento è stato effettivamente sbagliato e irrispettoso, eppure la rabbia che hai provato era la conseguenza di un tuo bisogno giusto, ma non espresso correttamente. Dato che ci hanno insegnato ad essere educati, abbiamo etichettato la rabbia come un’emozione cattiva, ma in realtà ad essere sbagliato è il comportamento aggressivo che segue. Anche in questo caso analizzare le nostre emozioni e capire come comunicare efficacemente, è l’unico modo per migliorare la relazione con noi stessi e con gli altri.
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Concetto chiave sulla rabbia n. 6: Non definire la rabbia in base al comportamento che la segue.
Per riassumere, il primo motivo per cui pensiamo alla rabbia come a un’emozione negativa è che spesso precede un comportamento negativo. Ma solo perché un comportamento è negativo non significa che l’emozione che lo ha preceduto lo sia. La maggior parte delle persone direbbe che “gioia” e “serenità” siano positive, mentre tristezza e colpa sono negative. E la maggior parte delle persone classificherebbe la rabbia nella seconda categoria, quella delle emozioni negative.
In realtà, nel momento in cui si prova rabbia, l’esperienza spesso è estremamente piacevole. Ecco alcuni modi comuni in cui la rabbia ti porta a una sensazione di benessere.
La rabbia ti fa sentire moralmente superiore. Ogni volta che critichi qualcuno o qualcosa, l’implicazione non detta è che tue sei migliore: “È proprio un idiota… (ma io sono piuttosto intelligente).” “Il suo modo di vedere è tremendo… (ma il mio è giusto)”. “Le persone che votano che si comportano così sono maleducate… (la mia bussola morale invece è corretta)”.
La rabbia ti fa sentire di poter avere il controllo della situazione. Quando guardi la tv o leggi il giornale e ti senti spaventato e impotente di fronte alle notizie che arrivano da fuori, arrabbiarti con qualcuno e dargli la colpa, ti dà l’illusione di avere il controllo, come se stessi facendo davvero qualcosa semplicemente indignandoti. In realtà, l’intera industria delle notizie vende semplicemente alle persone la loro stessa rabbia e indignazione.
La rabbia ti fa sentire come una vittima da compatire. Rimuginare all’infinito su come gli altri ti hanno fatto del male, crea una storia avvincente nella tua testa in cui tu sei la vittima, la persona che è stata ingiustamente offesa e che avrà giustizia (prima o poi).
La rabbia ti distrae da emozioni più dolorose. Uno dei motivi per cui molte persone sono spesso così arrabbiate è che si sono abituate a usare la rabbia per evitare altre emozioni dolorose. Questo è particolarmente vero per gli uomini, per i quali la rabbia è un’emozione “appropriata” mentre la paura, la tristezza o la colpa non lo sono. Poiché la rabbia è A) piuttosto intensa, B) gonfia l’ego e C) si manifesta rapidamente, è un ottimo strumento per evitare temporaneamente un’altra sensazione dolorosa. Questo processo può diventare abituale (e persino creare dipendenza) tanto che per alcuni generare rabbia diventa la risposta automatica a qualsiasi sensazione dolorosa.
Concetto chiave sulla rabbia #7: La rabbia fa sentire bene, il che significa che spesso la cerchiamo volontariamente.
Le molte sfumature della rabbia
Prima di concludere, è importante capire che la rabbia può assumere molte forme. Naturalmente c’è l’immagine ovvia della rabbia che tutti immaginiamo, che di solito comporta urla e grida o volti che, come nei cartoni animati, diventano rossi, testa che si infiamma, fumo che esce dalle orecchie, ecc.
Ma in realtà, la rabbia assume una gamma molto più ampia di forme ed è importante essere consapevoli di queste varianti a volte sottili perché, anche se spesso crediamo di non essere arrabbiati, in realtà è molto probabile che la rabbia stessa abbia comunque un impatto negativo per la nostra vita e le nostre relazioni (anche se in modi più nascosti).
Ecco alcuni esempi di forme non ovvie di rabbia e di come possono manifestarsi nella nostra vita.
Impazienza.
L’impazienza è la rabbia vista in una dimensione temporale. Diventiamo impazienti quando abbiamo in mente una precisa agenda di cose da fare e quell’agenda non si verifica per colpa di situazioni esterne o a causa di altre persone. Di conseguenza, la nostra aspettativa di ciò che dovrebbe accadere viene violata e proviamo rabbia sotto forma di impazienza insieme all’impulso di accelerare le cose.
Comunicazione passivo-aggressiva.
La comunicazione passivo-aggressiva avviene quando vogliamo criticare qualcuno ma allo stesso tempo vogliamo apparire “buoni”. La forma più comune è il sarcasmo, che non è altro che un insulto mascherato da scherzo. Fondamentalmente, siamo passivo-aggressivi nel nostro modo di parlare perché vogliamo essere aggressivi verso qualcun altro senza assumercene la responsabilità.
Irritabilità.
L’irritabilità cronica è spesso un segnale di rabbia non affrontata. Quando sei costantemente arrabbiato e contrariato per qualcosa, ma non sei in grado o non vuoi capire meglio di cosa si tratta o non vuoi agire per affrontare la questione, potrebbe capitare di essere frequentemente brusco o scontroso con gli altri, eccessivamente sensibile alle critiche o semplicemente agitato per gran parte del tempo.
Risentimento.
Come l’irritabilità, il risentimento è il risultato di una rabbia non riconosciuta o non affrontata. La differenza è che il risentimento è diretto specificamente verso un’altra persona. Si accumula specialmente tra le coppie, quando uno dei due desidera qualcosa dall’altro ma non sa come chiederlo o ha paura di esprimerlo. Imparare a comunicare con gli altri in maniera assertiva ed efficace è la cura per il risentimento.
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Frustrazione.
In un certo senso, la frustrazione è semplicemente una forma più lieve di rabbia: è l’emozione che proviamo quando abbiamo un obiettivo o un desiderio e pensiamo che ci siano molti ostacoli nel raggiungerlo, per una ragione o per l’altra. Inoltre molte persone usano il termine frustrazione come forma di “intellettualizzazione”, per evitare di usare il termine rabbia: dato che molti pensano che provare rabbia sia qualcosa di negativo, preferiscono usare altri termini come frustrazione o turbamento. Il problema è che se sei costantemente arrabbiato per qualcosa ma continui a minimizzarlo parlando frustrazione, è probabile che tu dia la colpa per i tuoi insuccessi a qualcuno o a qualcosa di esterno e che quella rabbia rimanga non affrontata.
Concetto chiave sulla rabbia n. 8: La rabbia assume molte forme ed è necessario capire le differenze per imparare ad affrontarla.
Per riassumere tutto ciò di cui abbiamo parlato finora, ci sono otto concetti chiave che la maggior parte delle persone non conosce o fa fatica a capire. Eccoli:
#1 La rabbia è diversa dall’aggressività. Non confondere l’emozione della rabbia con l’atto mentale o fisico di essere aggressivi.
#2 Non puoi controllare direttamente la rabbia. Puoi influenzare la tua rabbia in modo indiretto attraverso i tuoi pensieri e comportamenti, ma non puoi controllarla direttamente.
#3 Puoi controllare la tua aggressività. Anche se i pensieri e i comportamenti aggressivi possono diventare abituali e automatici, sono fondamentalmente sotto il tuo controllo, specialmente se diventi più consapevole di essi e di come funzionano.
#4 Cercare di controllare la tua rabbia rende più difficile controllare la tua aggressività. “Gestione della rabbia” è un concetto improprio, dovrebbe essere chiamato “gestione dell’aggressività”.
#5 Il rimuginìo e lo sfogo intensificano la rabbia. Cerca di affrontare la fonte della tua rabbia, non la rabbia stessa.
#6 Non definire la rabbia in base al comportamento che la segue. L’emozione della rabbia non è negativa o cattiva solo perché spesso seguono azioni negative. Giudicarti perché stai provando rabbia, rende solo più difficile risponderle in modo costruttivo.
#7 La rabbia fa sentire bene, il che significa che spesso la cerchiamo volontariamente. Evita di usare la rabbia come un sostegno emotivo e cerca di coltivare modi più sani per affrontare le situazioni dolorose.
#8 La rabbia assume molte forme ed è necessario capire le differenze per imparare ad affrontarla. Per comprendere meglio la tua rabbia, aumenta il tuo vocabolario emotivo.
Comprendere come funziona effettivamente la meccanica della rabbia, è fondamentale per sviluppare strategie sane ed efficaci per agire in modo sano quando siamo arrabbiati. Eccone alcune.
Analizza e osserva la tua rabbia.
Spesso la rabbia opera inconsciamente, ma quando arriva, osservane le sensazioni, i pensieri che ti procura, cerca di comprendere quali sentimenti di insoddisfazione o frustrazione si nascondono, i traumi o i dolori emotivi. Accetta questi sentimenti con gentilezza verso te stesso. Arrivare a comprendere questi meccanismi, prendere consapevolezza delle cause, questo fa sì che la rabbia spesso si estingua da sé. Osserva i due momenti in cui la rabbia si manifesta: innesco e scintilla. L’innesco è l’accumulo di tanti piccoli fattori irritanti, sono come una pila di fiammiferi che possono prendere fuoco da un momento all’altro. La scintilla è, per l’appunto, lo scoppio che accende quei fiammiferi e si trasforma in un incendio difficile da estinguere.
Riconosci gli aspetti auto-lesionistici della rabbia.
Pensa a come ti fa star male provare questo sentimento (anche se, come abbiamo visto, può darti una momentanea soddisfazione), pensa a quante ore di sonno hai perso, a come il tuo corpo e i tuoi nervi ne abbiano risentito, a come i rapporti con gli altri siano stati compromessi da reazioni imprevedibili. Questo rispecchia molto bene quel proverbio che dice: “Serbare rabbia è come assumere un veleno aspettandoti che sia l’altra persona a morire”.
Intervieni sulla fase di “innesco”.
Come già detto due paragrafi più su, l’innesco è quella fase di preparazione allo scoppio della rabbia. Previeni questo sentimento; se per esempio devi discutere con un tuo collega dei problemi che avete a lavoro, prima di farlo svuota la mente, prenditi una pausa e valuta bene quali siano le parole migliori per avere una comunicazione efficiente e senza intoppi. Identifica le situazioni, gli ambienti, le persone che più ti suscitano irritazione, definiscili bene nella tua mente. Esempio: “Sono nervoso perché mi hanno annullato il volo per il mio viaggio”, “Sono stanco di sentire mia sorella lamentarsi”, “Nessuno mi aiuta mai a lavoro”, … E quando arriva la “scintilla”, chiediti quanto siano gravi i motivi per cui potresti avere una reazione forte. Misura su una scala da 0 a 10 quanto la tua reazione possa essere commisurata rispetto al problema. Chiediti se ne vale la pena o meno, perché è possibile che il giorno successivo te ne sia già dimenticato.
Non parlare o agire per rabbia, ma cerca di trovare una soluzione reale al problema.
Per esempio vorresti che un tuo familiare comprasse qualcosa, ma nel frattempo se n’è dimenticato. A quel punto, non utilizzare un linguaggio giudicante (“Sei il solito sbadato”, “Non cambi mai”, “Vivi in un mondo tutto tuo”), evita aggettivi, critiche e giudizi, fai notare la mancanza (certo, mai detto che la rabbia vada repressa), ma senza usare accuse che vadano sul personale e che inneschino reazioni esagerate.
Vivi la tua rabbia, ascoltala e separala dai tuoi pensieri.
È un sentimento che devi sicuramente accettare, comprendere. Concepiscilo come un messaggero, un benevolo campanello d’allarme che ti sta segnalando qualcosa che dovresti cambiare nella tua vita. Dopo averlo riconosciuto, affronta la causa, il problema da cui scaturisce. Separa la rabbia dai tuoi pensieri, dalle tue parole e dalle tue azioni affinché non ne siano influenzate, lascia che ti attraversi e se ne vada. Per dirlo con una metafora, lascia che l’acqua scorra nel torrente del tuo fiume emotivo, senza mettere argini che ne danneggino il corso.
Non raccontarti mai che: “…sei fatto così”.
Agire sulla rabbia può portare a un cambiamento salutare e positivamente determinante per il tuo benessere e la qualità della tua vita. E cambiare è possibile, qualunque sia la tua età o condizione di partenza.
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Ovviamente questo non è che l’inizio, ma intanto puoi cominciare a gettare le fondamenta per migliorare il tuo dialogo interiore, la tua comunicazione e le tue relazioni.
da admin | Giu 16, 2023 | Blog
Desideri accontentarti di una vita che è notevolmente al di sotto delle tue ambizioni e aspirazioni? È davvero ciò che vuoi? Immagina per un attimo di trovarti seduto sul tuo divano, hai 80 anni, e ti rendi conto in quel momento che avresti potuto vivere la vita che volevi, ma non l’hai fatto. E se avessi avuto il coraggio di provarci? Sarebbe stato straordinario, vero? Pensa che la maggior parte delle persone non lo fa mai e si ritrova a rimpiangere tutto ciò che ha perso.
Chiudi gli occhi per un istante e immagina come sarebbe la tua vita se non fossi condizionato dalla paura del giudizio degli altri. Senti quella sensazione di libertà che ti pervade, quel coraggio che ti spinge ad essere autentico senza restrizioni. Immagina relazioni personali sincere e profonde, connessioni professionali che si sviluppano senza ostacoli.
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Ti sembra un sogno irraggiungibile? Non lo è affatto. Preparati a spezzare le catene che ti tengono prigioniero e ad affrontare il subdolo nemico interno che ha sabotato tutta la tua vita, sia personalmente che professionalmente, per troppo tempo. Se non desideri vivere sotto la tirannia della paura del giudizio altrui, l’unico modo per affrontarla e sconfiggerla è imparare a fare ciò che è necessario per te. Sei pronto? Cominciamo.
Per cominciare, concentriamoci su qualcosa che probabilmente tutti abbiamo sperimentato almeno una volta nella vita: una forza oscura che si insinua nella nostra mente e ci impedisce sottilmente di ottenere di più nella vita e nelle relazioni personali e professionali.
Hai mai avuto quella fastidiosa sensazione che ti mantiene costantemente sulla difensiva, limitando la tua capacità di esprimerti appieno? Hai mai taciuto le tue idee innovative durante una riunione di lavoro per timore di essere giudicato? Ti sei mai trattenuto dal mostrare il tuo vero io, temendo che gli altri potessero pensarne male?
Lo so, è una sensazione terribile, ti capisco. Sei nato così? Affatto. Lo sei diventato. Ci sono motivazioni specifiche, profonde, intimissime che ti hanno fatto diventare così, non è un comportamento innato, è appreso. E così come lo hai imparato, oggi lo puoi disimparare. Sono le tue esperienze passate, le critiche che ti sono state fatte dagli altri o che hai fatto da solo a te stesso, la comparazione con gli altri, l’eccessiva rigidità o freddezza di un genitore, tutto questo nel tempo ti ha ‘allenato’ a temere il giudizio degli altri.
La paura del giudizio degli altri ci imprigiona in una gabbia di insicurezza e ci impedisce di raggiungere il nostro pieno potenziale. Non importa chi siamo, potremmo essere una figura di spicco come Madre Teresa di Calcutta o una persona comune, nel nostro intimo abbiamo bisogno di sentirci visti, ascoltati e valorizzati. È una necessità assoluta.
Eppure, la prigione più grande in cui le persone vivono è la paura di ciò che gli altri pensano. Se non affrontiamo questa paura e non la gestiamo correttamente, avrà un impatto paralizzante su di noi, impedendoci di ottenere di più nelle relazioni personali e professionali.
Chi sperimenta la paura del giudizio degli altri può manifestare diverse caratteristiche che influiscono negativamente sulla propria vita. Provo a farti un elenco delle principali, cerca di comprendere se alcune di queste caratteristiche rispecchiano una parte di te:
- Ipersensibilità: Le persone che temono il giudizio altrui tendono ad essere ipersensibili alle opinioni e alle critiche degli altri. Anche un semplice commento può scatenare in loro una forte reazione emotiva, generando ansia, insicurezza e una visione negativa di sé stessi.
- Perfezionismo: Spesso coloro che vivono nella paura del giudizio sono perfezionisti, poiché cercano costantemente di evitare qualsiasi errore o fallimento che potrebbe portare a critiche o disapprovazione da parte degli altri. Questo atteggiamento può essere estenuante e limitante, impedendo loro di mettersi alla prova e imparare dai propri errori.
- Autovalutazione eccessiva: Le persone che temono il giudizio degli altri tendono a valutarsi in modo critico e a concentrarsi sugli aspetti negativi di sé stesse. Sono costantemente preoccupate di non essere all’altezza delle aspettative altrui e di essere giudicate come inferiori, sbagliate o inadeguate.
- Evitamento sociale: La paura del giudizio può spingere le persone a evitare situazioni sociali e ad isolarsi, cercando di ridurre al minimo le opportunità di essere giudicate dagli altri. Ciò può portare a un senso di solitudine e a una mancanza di connessione significativa con gli altri.
- Autocensura: Le persone che temono il giudizio tendono a trattenere le proprie opinioni, desideri ed emozioni per paura di essere criticate o rifiutate. Questa autocensura può limitare la loro espressione autentica e impedire loro di contribuire appieno sia a livello personale che professionale.
- Bassa autostima: La paura del giudizio può minare l’autostima delle persone, portandole a sentirsi inadeguate o inferiori rispetto agli altri. Questa mancanza di fiducia in sé stesse può influire negativamente sulle relazioni, sulla carriera e sulla capacità di raggiungere gli obiettivi personali.
È importante sottolineare che queste caratteristiche non definiscono completamente una persona che sperimenta la paura del giudizio, ma possono essere indicatori comuni di questo problema. Riconoscere queste dinamiche rappresenta un primo passo fondamentale per affrontare e superare la paura del giudizio, aprendo la strada a una maggiore autostima, autenticità e realizzazione nella vita di tutti i giorni. Nei miei programmi di coaching, affronto caso per caso e fornisco strumenti specifici a livello individuale.
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“Ogni giorno mi sentivo come se camminassi su un sottile filo sopra un abisso profondo. Bastava uno sguardo di disapprovazione o un commento negativo per far vacillare il mio equilibrio interiore. Avevo un’idea innovativa da presentare in una riunione di lavoro? La paura di essere giudicato mi bloccava. Temevo che le mie idee venissero etichettate come inadeguate o sciocche, quindi preferivo tacere e guardare le mie parole scomparire nell’oblio, provando una profonda delusione per aver perso l’opportunità di far sentire la mia voce”.
La storia di Francesco potrebbe risuonare in ognuno di noi.
Ma c’è anche Anna che racconta.
“La mia vita era ansia continua, la paura del giudizio mi ha imprigionata. Volevo partecipare a una lezione di danza con il mio partner, ma solo l’idea di essere osservata dagli altri, con i loro possibili giudizi sulle mie abilità o sul mio aspetto fisico, generava ansia come un’aura invisibile. Rinunciavo a fare qualcosa di bello insieme, rinchiusa in una gabbia di timori e inibizioni. La mia paura del giudizio mi ha costretto a vivere una vita di autocensura e limitazioni. Ho imparato ad adeguarmi a ciò che pensavo fosse accettabile per gli altri, nascondendo parti di me stessa che temevo non sarebbero state accolte positivamente. Ho persino allontanato amicizie autentiche, convinta che se avessero scoperto i miei veri pensieri o interessi, mi avrebbero abbandonata”.
Anche la storia di Anna potrebbe risuonare in ognuno di noi. Se ti riconosci in queste parole, è importante prestare attenzione a questi segnali, perché la paura del giudizio altrui può avere effetti devastanti sulla tua vita e sul tuo futuro a lungo termine. Vuoi scoprire quali sono? Iniziamo ad esplorarli uno per uno.
La paura del giudizio degli altri limita le nostre scelte.
La paura del giudizio può portarci ad evitare situazioni in cui potremmo essere giudicati, limitando così le nostre opportunità di crescita personale e professionale. Ad esempio, potremmo evitare di partecipare ad incontri sociali o di proporre nuove idee nel contesto lavorativo per timore di essere criticati. Questo atteggiamento ci impedisce di esplorare nuove esperienze e di realizzare il nostro pieno potenziale.
La paura del giudizio degli altri ci fa perdere la nostra autenticità.
Quando siamo costantemente preoccupati del giudizio altrui, tendiamo a indossare una maschera e a nascondere il nostro vero io. Ciò porta a una mancanza di autenticità nelle nostre relazioni personali e professionali. Invece di mostrare chi siamo realmente, cerchiamo di adattarci alle aspettative degli altri, perdendo così la connessione autentica con noi stessi e con gli altri.
La paura del giudizio degli altri mina la nostra autostima.
La paura del giudizio può erodere la nostra autostima e il nostro senso di valore personale. Quando basiamo costantemente il nostro valore sull’opinione degli altri, finiamo per sentirci inadeguati e insicuri. Questo può portare a una bassa autostima e a una mancanza di fiducia nelle nostre capacità.
La paura del giudizio degli altri ci rende mentalmente rigidi.
La paura del giudizio può rendere difficile accettare nuove idee o punti di vista diversi. Temendo il dissenso o la critica, potremmo chiuderci in una mentalità rigida e resistere al cambiamento. Questo ci impedisce di imparare o di crescere, limitando la nostra capacità di adattarci alle sfide e alle opportunità che la vita ci presenta.
La paura del giudizio degli altri aumenta i livelli di ansia e stress.
La costante preoccupazione per il giudizio altrui può generare elevati livelli di stress e ansia. L’anticipazione di opinioni negative degli altri ci fa vivere in uno stato di allerta e tensione costante. Questo impatto negativo sulla nostra salute mentale può manifestarsi attraverso sintomi come insonnia, nervosismo e attacchi di ansia.
La paura del giudizio degli altri distrugge le nostre relazioni.
La paura del giudizio può portarci a costruire relazioni superficiali o ad evitare di aprirci emotivamente agli altri. Ci preoccupiamo che, se gli altri ci conoscessero veramente, ci rifiuterebbero o ci giudicherebbero. Questo ci priva della possibilità di creare connessioni autentiche e di sviluppare relazioni significative, persino con le persone più importanti della nostra vita, come familiari, partner o figli.
La persona che teme il giudizio degli altri pensa:
“Se esprimo ciò che penso, mi considereranno strano o fuori posto”
“Devo essere perfetto in tutto ciò che faccio, altrimenti verrò giudicato come un fallito”
“Non posso mostrare la mia vera personalità, altrimenti sarò rifiutato da chi mi sta accanto”
“Se esprimo la mia opinione, verrò deriso e considerato stupido”
“Se mi mostro vulnerabile, gli altri ne approfitteranno e mi considereranno debole”
“Devo sempre mantenere un’immagine perfetta per evitare critiche o rifiuti”
“Devo sempre cercare di piacere a tutti”
‘’Nella mia vita l’insuccesso o il fallimento non sono contemplati’’
Riconoscere questi pensieri che dominano il nostro dialogo interiore è il primo passo per affrontare la paura del giudizio e avviare un processo di trasformazione personale.
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Andiamo avanti, perché fra poco ti dirò esattamente come liberarti da queste dinamiche e migliorare la tua comunicazione e il tuo rapporto con te stesso e con gli altri in modo semplice e pratico. Ma prima vediamo un po’ cosa dice la scienza. Numerosi studi scientifici hanno esplorato gli effetti negativi della paura del giudizio altrui sia a livello personale che professionale.
Un’indagine condotta presso l’Università di Harvard (titolo: L’impatto dell’ansia sociale sul benessere e l’autostima) ha evidenziato come l’ansia sociale, spesso correlata alla paura del giudizio, possa influenzare negativamente la nostra autostima e il nostro benessere emotivo. Inoltre, la ricerca ha dimostrato che la paura del giudizio può ostacolare la nostra capacità di prendere decisioni autonome e di costruire relazioni significative.
Un altro studio pubblicato sulla rinomata rivista Psychological Science (titolo: L’influenza della paura del giudizio negativo sulla performance cognitiva) ha rilevato che la paura del giudizio può influire sulla nostra performance cognitiva e sulle nostre capacità decisionali. Le persone costantemente preoccupate del giudizio altrui, tendono ad avere maggiori difficoltà a concentrarsi, prendere decisioni ponderate ed esprimere le proprie opinioni in modo assertivo.
Una ricerca condotta presso l’Università della California (titolo: Gli effetti paralizzanti della paura del giudizio sul luogo di lavoro) ha evidenziato come la paura del giudizio degli altri possa limitare le opportunità di crescita e successo professionale. Le persone che evitano di mettersi in mostra o di assumersi rischi per paura delle critiche tendono a rimanere intrappolate in zone di comfort, perdendo così la possibilità di sviluppare le proprie competenze e di raggiungere il proprio pieno potenziale.
Queste ricerche scientifiche dimostrano chiaramente che la paura del giudizio degli altri può avere un impatto significativo sulle nostre relazioni personali e professionali, causando ansia, distanza emotiva e una sensazione di inadeguatezza, limitando la nostra libertà di espressione e il nostro percorso di crescita individuale.
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E allora, come possiamo liberarci da queste conseguenze negative e coltivare una vita e relazioni più sane, felici e appaganti?
Ecco alcune strategie che possono aiutarci a superare la paura del giudizio:
Rifletti sulle tue convinzioni
Esplora le convinzioni negative radicate in te nel tempo che alimentano la tua paura del giudizio. Spesso, queste convinzioni si basano su supposizioni errate o esperienze passate. Interrogale attentamente e mettile in discussione per sfidare i pensieri limitanti e adottare una prospettiva più realistica. Potresti farcela da solo ad individuarle oppure potresti aver bisogno dell’aiuto di un esperto che ti aiuta a tirarle fuori.
Accetta la natura soggettiva dei giudizi
Capire che il giudizio degli altri è inevitabile e soggettivo ti aiuta a smettere di dargli un’importanza eccessiva. Quello che gli altri pensano di te ha a che fare con gli altri, non con te. Ognuno ha punti di vista e esperienze personali che influenzano la loro percezione. Accettare che il giudizio è una proiezione dei loro filtri personali, ti permette di smettere di considerarlo una valutazione oggettiva di te stesso.
Coltiva autostima e fiducia in te stesso
Lavora sulla tua autostima e fiducia in te stesso, fondamentali per superare la paura del giudizio. Sviluppare un senso di valore interno basato sulle tue qualità e sulle tue realizzazioni, ti rende meno dipendente dall’approvazione degli altri. Affronta le tue paure e riconosci le tue capacità, costruendo una solida base di fiducia. Più diventi sicuro di te e più ti distaccherai emotivamente e facilmente dal giudizio degli altri.
Pratica l’autenticità
Sfidare la paura del giudizio significa abbracciare la tua autenticità. Accetta chi sei veramente e mostrati al mondo senza maschere o filtri per connetterti in modo più autentico con gli altri. Ricorda che la tua unicità è ciò che ti rende speciale e valorizza le tue peculiarità invece di cercare di conformarti alle aspettative altrui.
Cerca sostegno nelle persone giuste
Circondati di persone che ti accettano per come sei, senza giudicarti. Trova un gruppo di persone fidate con cui condividere le tue esperienze, creando un ambiente sicuro in cui puoi esprimerti liberamente.
Ricorda i successi passati
Ripensa a momenti in cui hai superato la paura del giudizio e hai avuto successo per costruire una mentalità positiva. Ricorda le volte in cui ti sei esposto, hai affrontato le critiche e sei cresciuto come persona. Questi ricordi ti incoraggiano a superare la paura e a perseguire i tuoi obiettivi nonostante il giudizio altrui.
E soprattutto, pensa a questo: quando fai qualcosa che ti appassiona veramente e lo fai nel modo in cui vuoi farlo, il bisogno di farlo è così grande che supera la paura di essere giudicato.
La verità è che è una questione di numeri, è un gioco di proporzioni. Più hai successo, più persone ti giudicheranno. Non ha senso avere paura: la vera sfida è accettare che il giudizio arriverà, come il sole che sorgerà domani.
Nessuno può sfuggire al giudizio degli altri, imparare ad accettarlo e, quando serve, ignorarlo è invece una abilità che aumenta la tua qualità di vita.
Possiamo decidere di ascoltare e comprendere le loro opinioni, ma poi dobbiamo rapidamente ribaltare la situazione, riformulare il giudizio e ricordare che la prospettiva di qualcun altro è solo la sua prospettiva, mentre la nostra intenzione è ciò che conta davvero.
Immagina per un momento questa scena.
Al lavoro ti senti apprezzato e valorizzato. Hai il coraggio di assumere rischi e di perseguire le tue idee senza lasciarti limitare dalle opinioni altrui. Hai imparato che le critiche costruttive possono essere fonte di crescita e miglioramento, mentre le critiche negative non ti scalfiscono più come un tempo. I tuoi colleghi ti riconoscono e rispettano.
La tua vita sociale è vibrante e ricca di connessioni significative. Ti circondi di persone che ti accettano per chi sei veramente. Hai imparato a filtrare le influenze negative e a mantenere legami sani e positivi. Ti senti libero di esprimerti, condividere le tue idee e mostrare il tuo vero io senza paura di essere giudicato.
Guardandoti allo specchio, vedi uno sguardo fiero e soddisfatto. Hai superato la paura del giudizio degli altri, liberandoti dalle catene che ti trattenevano. Hai scoperto il potere di vivere una vita autentica, senza lasciare che l’opinione degli altri determini il tuo valore. Hai imparato ad amarti e ad accettarti per quello che sei, abbracciando la tua unicità e rendendola una forza.
Sei una fonte di ispirazione per tutti, perché hai dimostrato che è possibile superare le sfide, costruire relazioni autentiche e vivere una vita piena di felicità e realizzazione.
Come sarebbe la tua vita se scopriresti i segreti per eliminare la paura del giudizio altrui e creare connessioni autentiche con gli altri, toccando finalmente una vita di pienezza, felicità e successo?
Se riesci ad esprimere ciò che vuoi e a farlo nel modo in cui vuoi farlo, diventerai invincibile.
La paura del giudizio degli altri può essere superata. Dovrai partire da una scelta. Devi decidere di liberartene, per sempre. Scegli di vivere una vita autentica, libera dagli schemi paralizzanti del giudizio altrui. Accogli il tuo valore e mostrati al mondo per ciò che sei veramente.
Sarà un cammino di crescita personale e di scoperta che ti porterà a connessioni più sincere e a una maggiore realizzazione nella tua vita.
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Ho reso i video molto semplici, con tanti esempi pratici, affinché tu possa utilizzarli fin da stasera con la tua famiglia o domani mattina per entrare nel tuo luogo di lavoro con una nuova energia comunicativa.
Non aspettare altro tempo per iniziare il tuo viaggio verso una vita più gratificante e relazioni autentiche. Ogni grande cambiamento inizia dal primo passo!
Cristina Bari
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da admin | Giu 8, 2023 | Blog
È il momento di liberarti dalle gabbie delle tue idee negative, spezzando le catene delle aspettative irrealistiche e del perfezionismo, e abbracciando finalmente l’autenticità, l’amore e la pienezza che tanto desideri. Ciò che scoprirai in questo articolo ti porterà a riflettere e decidere di riscrivere le regole delle tue relazioni, per creare connessioni più vere e profonde insieme alle persone che ami. Sei pronto? Iniziamo.
È tempo di affrontare una tempesta che si scatena ogni giorno silenziosamente nelle nostre vite: le aspettative soffocanti che imponiamo al nostro partner, ai nostri figli, ai nostri colleghi, collaboratori o familiari. Magari hai un partner con cui hai condiviso molti momenti speciali, ma ultimamente le cose sono cambiate: ci sono litigi frequenti, manca la comunicazione e ti senti emotivamente distante. Oppure vivi conflitti costanti con i tuoi figli, c’è una mancanza di comunicazione e, per quanto tu ti sforzi di costruire un dialogo costruttivo, ti ritrovi in una guerra quotidiana. Oppure, anche se sei adulto da tempo, senti il peso dei giudizi e delle critiche dei tuoi genitori, che ti fanno arrabbiare e ti tolgono energia.
Sappiamo quanto le aspettative possono influenzare profondamente la nostra felicità e il nostro benessere.
La rigidità, quel crudele tiranno mascherato da perfezionismo, può minare le fondamenta delle nostre relazioni e intrappolarci in una spirale di insoddisfazione costante. Ma oggi, insieme, solleveremo il velo su questo nemico nascosto. In questo articolo, ti condurrò attraverso un viaggio, alla scoperta degli effetti devastanti della rigidità nelle relazioni, sia in ambito professionale che personale.
Le persone rigide solitamente presentano queste caratteristiche, cerca di capire se rispecchiano qualche parte di te:
- Perfezionismo: Le persone rigide spesso hanno alti standard di perfezione per sé stesse e per gli altri. Sono particolarmente attente ai dettagli e cercano di evitare qualsiasi errore o imperfezione. Amano le regole che pretendono di far rispettare a tutti.
- Rigidità mentale: Le persone rigide tendono ad avere una mentalità rigida e inflessibile. Sono poco inclini ad adattarsi ai cambiamenti o ad accettare punti di vista diversi dai propri. Preferiscono seguire routine e regole fisse.
- Controllo e ordine: Chi è rigido cerca di avere il controllo su ogni aspetto della propria vita. Sono persone che amano l’ordine e la struttura e possono avere difficoltà ad affrontare situazioni impreviste o disordinate.
- Ansia e preoccupazione eccessiva: Le persone rigide sono spesso ansiose e preoccupate. Temono l’incertezza e cercano di pianificare tutto nei minimi dettagli, per evitare errori o fallimenti.
- Difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti: Le persone rigide trovano difficile affrontare cambiamenti inaspettati o situazioni impreviste. Preferiscono la stabilità e possono sperimentare disagio o ansia quando le cose escono dal loro controllo.
- Resistenza al rischio: Le persone rigide tendono a evitare il rischio e preferiscono mantenere un ambiente sicuro e familiare. Hanno difficoltà ad abbracciare l’incertezza e possono perdere opportunità di crescita e di apprendimento.
- Difficoltà nelle relazioni interpersonali: A causa della loro rigidità, le persone rigide possono avere difficoltà a sviluppare relazioni intime e autentiche. Sono inclini a imporre aspettative rigide sugli altri e possono essere poco flessibili nelle dinamiche relazionali.
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È importante notare che queste caratteristiche possono variare da persona a persona e che la rigidità non è necessariamente una caratteristica permanente. Con consapevolezza e sforzi, è possibile lavorare sulla flessibilità e apertura mentale per vivere una vita più equilibrata e gratificante. Nei miei coaching affronto situazione su situazione e fornisco strumenti specifici di lavoro a livello individuale.
“La mia vita è stata per anni come una partitura musicale scolpita nella pietra, con regole e aspettative che non potevano essere modificate. Io ero il direttore d’orchestra che si dedicava con fermezza a far risuonare ogni nota con precisione assoluta.
Il perfezionismo ha guidato ogni mia azione. Ogni mattina, mi svegliavo con la necessità di controllare i dettagli della mia vita. Niente poteva sfuggire al mio sguardo critico e alla mia ricerca ossessiva della perfezione. Ma non me ne rendevo conto, anzi, quando qualcuno me lo faceva notare, reagivo infastidito e dicevo un fermo ‘no’! ‘’Non sono affatto come mi descrivi…’’!
La mia rigidità mentale era come un muro invalicabile. Mi aggrappavo alle mie convinzioni, incapace di accettare punti di vista diversi o di adattarmi ai cambiamenti. Non riuscivo a lasciare spazio alla flessibilità o all’apertura mentale. Era come se avessi costruito una fortezza intorno a me, dove solo le mie idee potevano trovare rifugio. Era così in casa e al lavoro.
Il controllo era la mia ancora di salvezza. Volevo avere il controllo su ogni aspetto della mia vita. Pianificavo ogni minuto della mia giornata e cercavo di controllare il comportamento degli altri… e questo per me era la “normalità”. Non potevo sopportare l’idea che le cose potessero sfuggire al mio dominio. Volevo che tutto fosse sotto il mio rigido controllo. Dovevo farcela a tutti i costi, in ogni obiettivo, e per farcela ero convinto che bastasse una ferma disciplina, tanto lavoro e regole rigide. Poi ho capito che non è affatto così…
L’ansia mi attanagliava costantemente. Ogni decisione, grande o piccola, veniva ponderata con una paura paralizzante di commettere errori e di essere giudicato. Le mie notti erano tormentate da pensieri ossessivi che mi tenevano sveglio, preoccupato per le conseguenze di ogni azione. L’ansia era come un vortice che mi trascinava sempre più in profondità, impedendomi di godermi il presente e di abbracciare l’incertezza della vita.
Mi sentivo come un albero dalle radici troppo profonde per piegarsi al vento dei cambiamenti. Preferivo rimanere nella mia zona di comfort, anche se ciò significava perdere opportunità di crescita e apprendimento. Ero terrorizzato dal rischio e incapace di abbracciare l’ignoto. Il mio rigido atteggiamento mi faceva chiudere le porte a nuove esperienze e mi impediva di espandere le mie potenzialità.
Le mie relazioni erano tese e superficiali. Ero incapace di lasciare spazio per l’individualità degli altri e cercavo di imporre le mie regole su tutto. Non ascoltavo. Non mi mettevo nei panni dell’altro. Non riuscivo a connettermi in modo autentico e profondo con le persone che mi circondavano. Era come se avessi costruito un muro intorno a me, che mi separava dagli altri e rendeva le mie relazioni vuote e prive di sostanza”.
La storia di Marco, in parte può riguardare ognuno di noi.
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Abbiamo visto che il perfezionismo è una delle caratteristiche principali della rigidità. Cominciamo dunque esplorando le aspettative soffocanti e svelando gli effetti devastanti del perfezionismo iniziando dalle relazioni di coppia. Qui il perfezionismo può manifestarsi attraverso l’esigenza di avere un partner perfetto. Ci aspettiamo che il nostro partner soddisfi ogni nostra necessità, che sia sempre presente e che risolva ogni problema in modo impeccabile. Vogliamo una relazione priva di conflitti, errori o momenti di difficoltà. Vogliamo presenza, affetto, efficacia, sempre.
Queste aspettative irrealistiche mettono una pressione enorme su noi stessi e sul nostro partner, creando una tensione costante e una mancanza di spazio per l’autenticità. Invece di apprezzare il nostro partner per ciò che è, finiamo per concentrarci sui difetti e sui fallimenti, alimentando un perenne senso di insoddisfazione, come se in lui o lei vedessimo la causa di tutti i nostri “mali”.
“Non mi ascolti mai!”
“Sei un egoista!”
“Non ti importa di quello che provo!”
“Devo fare sempre tutto io!”
‘’Sei la solita pesante!’’
La rabbia, la colpa e il giudizio sono segnali che ci indicano la necessità di apportare dei cambiamenti significativi nella nostra vita di coppia.
“Ho deciso che non potevo più vivere imprigionato nella mia statua di marmo. Ho intrapreso un viaggio interiore per rompere le catene della perfezione e della rigidità. Ho imparato ad abbracciare l’incertezza e ad accettare le imperfezioni. Ho capito che la vita è un’armonia dinamica e che la vera bellezza risiede nella flessibilità e nell’accettazione dei cambiamenti.
Ora, la mia vita è come una sinfonia in continua evoluzione. Ho imparato ad apprezzare le sfumature della vita, a lasciare andare il controllo e ad abbracciare il flusso degli eventi. Le mie relazioni sono diventate più autentiche e significative, perché ho imparato ad ascoltare e ad accettare gli altri senza giudizio.
La rigidità ha lasciato il posto alla flessibilità e la statua di marmo si è trasformata in un essere umano in grado di crescere e di adattarsi ai mutamenti della vita. Ora sono pronto ad abbracciare l’incertezza e a ballare al ritmo della vita, senza più paura di cadere”.
Continua a seguirmi, perché alla fine dell’articolo ti dirò esattamente come fare a cambiare queste dinamiche e a migliorare in modo semplice la tua comunicazione e il tuo rapporto con te stesso e con chi ti sta intorno.
Anche nella relazione genitoriale, il perfezionismo e la rigidità possono nuocere in modo grave. Innanzi tutto quando questi sentimenti sono rivolti contro noi stessi. Ci aspettiamo di essere genitori perfetti, capaci di soddisfare ogni esigenza dei nostri figli e di gestire ogni situazione alla perfezione. Vogliamo essere genitori sempre pazienti, amorevoli, perfetti. Ecco che ci autocondanniamo per ogni errore commesso e finiamo per trasmettere ai nostri figli un senso di pressione e insoddisfazione. Non solo.
Il perfezionismo può insinuarsi anche nelle aspettative che abbiamo verso i nostri figli.
Ci aspettiamo che eccellano in ogni ambito della loro vita: a scuola, nello sport, nelle attività artistiche, nelle relazioni con gli altri. Vogliamo che siano sempre disciplinati, educati e rispettosi. Ci preoccupiamo costantemente di fornire loro tutto ciò di cui potrebbero aver bisogno e di evitare che affrontino qualsiasi difficoltà.
“Ti ho chiesto di pulire la tua stanza, ma non lo fai mai!”
“Così non va bene, ora passiamo alle punizioni!”
“Te l’ho detto cento volte come si fa, ma allora lo fai apposta!”
Consideriamo i nostri figli come progetti da perfezionare, piuttosto che come individui in continua crescita e sviluppo. Inavvertitamente, trasmettiamo loro un senso di pressione e insoddisfazione, facendo sì che si sentano costantemente valutati e giudicati. Tutto questo ha un impatto significativo sul loro benessere emotivo e sullo sviluppo delle loro capacità.
I bambini possono percepire questo costante bisogno di perfezione come una pressione insostenibile, che può generare ansia, bassa autostima e paura di fallire. Invece di sperimentare la gioia e l’autenticità dell’infanzia, i bambini possono sentirsi intrappolati in un ciclo di prestazioni e aspettative che li allontana dalla gioia, dalla serenità, dall’equilibrio.
A differenza dell’educazione rigida e del perfezionismo nei confronti dei figli, un’educazione aperta e flessibile, valorizza l’individualità. È come un giardino selvaggio ricco di colori e sfumature uniche. In questo spazio, i talenti dei nostri figli possono sbocciare liberamente, mostrando tutta la loro bellezza autentica. Dobbiamo permettere loro di esplorare, crescere e sviluppare le proprie passioni, consentendo loro di fiorire in modo unico e meraviglioso.
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Numerosi studi scientifici hanno indagato gli effetti negativi del perfezionismo sulle relazioni di coppia e genitoriali, così come in ambito lavorativo, fornendo un quadro chiaro dei suoi impatti distruttivi.
Uno studio di Damian, Stoeber e Negru-Subtirica pubblicato sul prestigioso Journal of Research in Personality (Sull’interazione longitudinale tra perfezionismo e relazioni negli adolescenti, 2019) ha rivelato che il perfezionismo può influenzare negativamente la qualità delle relazioni familiari. Le aspettative eccessivamente alte dei genitori verso i figli possono portare a un clima familiare dominato da una pressione costante per raggiungere risultati elevati. Ciò può creare un senso di inadeguatezza nei figli, generando conflitti, ridotta comunicazione e una mancanza di sostegno emotivo all’interno della famiglia.
Un altro studio condotto da Hewitt e Flett pubblicato sull’American Psychological Association (Il perfezionismo nel contesto terapeutico, 2017) ha sottolineato che il perfezionismo può portare a una distanza emotiva nelle relazioni di coppia. Le persone che inseguono la perfezione tendono a chiudersi, sviluppando giudizio e critica verso sé stessi e verso gli altri. Questo atteggiamento difensivo impedisce la formazione di legami autentici e intimi, poiché la vulnerabilità e l’espressione delle emozioni sono limitate.
Queste ricerche scientifiche dimostrano chiaramente che il perfezionismo può avere effetti dannosi sulle relazioni di coppia e genitoriali.
Le aspettative troppo alte e rigide possono causare stress, conflitti, distanze emotive e un senso di inadeguatezza, sia nel rapporto con il nostro partner che in quello con i nostri figli.
E allora, come possiamo liberarci da queste aspettative insostenibili e coltivare relazioni più sane, felici e appaganti? Ecco alcuni suggerimenti:
- Consapevolezza: Prima di tutto è necessario che impari a distinguere i tuoi modelli di pensiero e i comportamenti perfezionisti e rigidi. L’auto-osservazione è il primo passo per il cambiamento: riconosci quando stai cercando la perfezione assoluta o quando stai limitando la tua flessibilità. Ti può aiutare scrivere quando sei stato rigido e quando invece ce l’hai fatta a lasciare andare.
- Accettazione delle imperfezioni: Dovrai anche imparare ad accettare che gli errori fanno parte del processo di crescita e che l’essere umano è imperfetto. Abbraccia le imperfezioni come opportunità di apprendimento e crescita anziché come fallimenti. Così facendo, invece di arrabbiarti con gli altri, troverai il miglior modo per affrontare e risolvere le situazioni.
- Standard elevati, aspettative flessibile: Puoi anche non limitare lo standard dei tuoi obiettivi, perché la consapevolezza delle tue reali possibilità ti porta a credere in risultati ambiziosi, ma questo non deve condurti necessariamente alla rigidità: sii flessibile, concentra la tua energia sul progresso costante e sulla soddisfazione di fare del tuo meglio, apprezzando ogni risultato raggiunto come uno step necessario per arrivare fino in fondo.
- Flessibilità mentale: Coltiva la flessibilità mentale e l’apertura al cambiamento. Sfida le tue convinzioni rigide e cerca nuove prospettive. Sii disposto a considerare alternative e ad adattarti alle nuove situazioni.
- Gestione dello stress: Trova strategie di gestione dello stress che funzionino per te, come la meditazione, l’esercizio fisico, la pratica di hobby o attività rilassanti. Queste pratiche ti aiuteranno a ridurre l’ansia e il senso di urgenza associati al perfezionismo.
- Priorità e armonia: Identifica le tue priorità e dedica tempo ed energia alle cose che sono veramente importanti per te. Cerca un equilibrio tra il lavoro, la famiglia, il tempo libero e il riposo, evitando di dedicare tutto il tuo tempo ed energia al perseguimento della perfezione.
- Supporto sociale: Condividere le tue esperienze può essere estremamente benefico.
Lasciati aiutare a esplorare e superare le dinamiche perfezioniste e rigide. Ricorda che il percorso per liberarsi dal perfezionismo e dalla rigidità richiede tempo e pazienza. Sii gentile con te stesso durante questo processo e celebra i progressi, anche quelli più piccoli.
C’è una cosa che ho imparato sulla mia pelle e che condivido con i midi studenti: ogni rapporto inizia con la relazione che hai con te stesso. Dedicare del tempo a conoscerti meglio, entrare in contatto con le tue emozioni più profonde, conoscere le dinamiche di una comunicazione funzionale, è fondamentale per migliorare il modo in cui comunichi con gli altri. Ne parleremo tra pochissimo.
Immagina per un momento questa scena.
Ti svegli al mattino con un sorriso luminoso sul viso. Ti alzi dal letto con leggerezza e serenità, sentendoti pieno di energia positiva. Il profumo del caffè che prepari si diffonde nell’aria, mentre ti siedi al tavolo, gustando la tua colazione con gratitudine. La tua famiglia ti raggiunge, scambiando sguardi di affetto e felicità.
Le tue parole sono piene di calma e sicurezza. Ti senti orgoglioso e realizzato delle relazioni che hai saputo costruire, consapevole del progresso che hai compiuto. La tua mente, una volta invasa dai pensieri negativi e dalle preoccupazioni, ora è libera. Non c’è più spazio per l’ansia, la rabbia, la fretta, l’insoddisfazione. Hai imparato a gestire le tue emozioni, ad affrontare le sfide delle relazioni con coraggio e comprensione.
Sei presente a te stesso. Ogni parola che pronunci, ogni abbraccio che scambi è pieno di amore e consapevolezza. Ti senti al sicuro nelle tue capacità di condividere calma e serenità con le persone che ami. Le tue relazioni si rafforzano giorno dopo giorno, creando connessioni sincere e profonde con il tuo partner, con i tuoi figli.
Come sarebbe la tua vita se scoprissi i segreti per creare connessioni autentiche con gli altri, se toccassi con mano finalmente una vita piena di amore, felicità e successo?
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Ho realizzato per te alcuni video che puoi consultare gratuitamente, in cui descrivo le 4 strategie fondamentali per una comunicazione funzionale, con tanti esempi pratici e tecniche semplici per sperimentare cambiamenti concreti nella vita di tutti i giorni.
Li ho resi veramente molto semplici, con tanti esempi pratici, affinché tu possa già da stasera stessa utilizzarli in famiglia con i tuoi figli, il tuo partner o domani mattina per entrare con un’energia comunicativa diversa nel tuo luogo di lavoro.
Non aspettare altro tempo per iniziare il tuo viaggio verso relazioni più soddisfacenti e connessioni autentiche. Ogni grande cambiamento inizia dal primo passo.
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Ti auguro di vivere relazioni autentiche: che ti ispirino, ti sostengano e ti riempiano di gioia!
Cristina Bari
da admin | Apr 6, 2023 | Blog
Le paure influenzano in vari modi i nostri risultati, ma tra queste ce n’è una che agisce in modo a dir poco sorprendente. La paura di vincere o di avere successo.
Un fenomeno subdolo perché agisce in modo contro-intuitivo. Perché si dovrebbe aver paura di ciò che si desidera? Perché si dovrebbe temere Il successo nel business, nello sport, nelle relazioni?
Eppure accade più spesso di quanto si pensi e non è riguarda solo lo sport.
La parola “nikefobia” non ha a che fare con la paura della nota marca di abbigliamento sportivo, ma deriva dalla parola greca “nike”, che significa “vittoria”. La nikefobia, quindi, è la paura di vincere.
Sembra un paradosso, vero?
Eppure questa paura è ben nota tra gli atleti professionisti, che spesso si sentono inadeguati al successo e non pronti a gestire la pressione del trionfo. Questa paura può portare a comportamenti di auto-sabotaggio, facendo in modo che l’atleta si scontri contro due avversari: il rivale e sé stesso.
È una forma di inibizione o blocco all’essere una persona “di successo”, una preoccupazione legata alla percezione di poter danneggiare sé stessi o gli altri con la propria vittoria, un’emozione tangibile che può portare a boicottare inconsciamente i propri risultati.
Cosa a ha che fare tutto questo con le nostre vite? Semplice, la “nikefobia” è una situazione comune a molte persone, non solo agli atleti. Tutti abbiamo sperimentato pensieri negativi come “non ce la farò mai” o “non sono abbastanza bravo”. Il modo in cui questo sentimento agisce è purtroppo quello di creare sabotaggi, boicottaggi, fallimenti e cattivi risultati.
Per noi questo si traduce in una paura più o meno inconscia dei cambiamenti e delle responsabilità che arriverebbero se riuscissimo ad ottenere ciò che vogliamo.
Assurdo, vero?
Se da una parte desideriamo la relazione perfetta, avere il lavoro dei nostri sogni, guadagnare di più, dall’altra abbiamo paura:
- delle responsabilità che dobbiamo assumerci per arrivare dove vogliamo
- delle trasformazioni che il cambiamento porterebbe alle nostre vite e a quelle delle persone che amiamo
È un meccanismo automatico del nostro “cervello antico” che funziona più o meno così: se finora sono riuscito a sopravvivere più o meno decentemente, perché dovrei rischiare di perdere quello che ho?
Il risultato però è che ci accontentiamo appunto di una “modalità sopravvivenza”, nella quale non corriamo grossi rischi, ma ci perdiamo la bellezza di una vita piena e gratificante.
Ma facciamo chiarezza, non stiamo parlando di una “volontà” di perdere.
Stiamo parlando della paura di vincere, che è solitamente involontaria e inconscia, tanto da agire spesso contro il desiderio cosciente di avere successo.
Probabilmente non ci avevi mai pensato, ma a volte diciamo e facciamo cose attraverso le quali ci auto-sabotiamo deliberatamente.
Prova a leggere qui di seguito i comportamenti “inconsci e perdenti” che gli atleti metto in atto per paura di vincere e dimmi se ti scatta qualche campanello d’allarme:
- trascurare la preparazione fisica
- fare scelte dannose per sé stessi
- rifare ancora ed ancora gli stessi errori
- riposo inadeguato o insufficiente
- scelte strategiche evidentemente sbagliate e controproducenti
Se ancora non hai capito come tutto questo possa essere declinato sulla tua vita, ti riporto qui alcuni dei trigger psicologici più comuni e diffusi:
- auto-sabotaggio economico: la propensione a dissipare i soldi e a non gestirli in maniera sensata
- auto-sabotaggio relazionale: coppie e famiglie che vengono distrutte da scelte apparentemente assurde, irrazionali e non motivate, come tradimenti o comportamenti disfunzionali
- auto-sabotaggio fisico: fame compulsiva e abitudini alimentari errate, fumo, eccesso di alcool….
La causa di sconfitte, fallimenti, mancanza di motivazione e boicottaggi che agiscono distruttivamente nella vita o nel gioco si chiama “inversione psicologica” che spesso si attiva a causa di credenze limitanti, bisogni disfunzionali o paure inconsce (paura di possibili conseguenze negative; paure dei cambiamenti, paure di perdere relazioni o affetti, etc.).
L’“inversione psicologica” si attiva quando desideriamo qualcosa consciamente, ma la mente inconscia non è allineata con questi desideri, o desideriamo inconsciamente qualcos’altro. Ed è ciò che accade al 90% di noi.
Ecco perché nonostante tu sia dotato di grandi potenzialità e competenze, non riesci mai a raggiungere risultati importanti e non riesci mai ad alzare il tuo standard minimo personale.
La buona notizia è che è possibile allineare la mente conscia a quella inconscia attraverso la riprogrammazione mentale e la pratica meditativa.
Se davvero lo vuoi, puoi trasformare l’insoddisfazione perenne della sconfitta in una vita di vittorie, pienezza e soddisfazioni.
da admin | Apr 6, 2023 | Blog
La mente umana è come un computer: agisce elaborando le informazioni che provengono dagli organi sensoriali e trasforma queste informazioni in base alle credenze derivanti da esperienze passate. Una donna gelosa, che è stata più volte tradita, di fronte al sorriso che un’altra donna rivolge al suo compagno, è certa che ci sia di mezzo un interesse ed inizia a manifestare atteggiamenti paranoici. La sua mente sta proiettando un’immagine che non corrisponde alla realtà, ma è generata dalle sue stesse paure.
Di fronte alla stessa situazione, una donna molto più sicura, che ha imparato a vivere con leggerezza, nota che il disegno che il compagno ha sul retro della maglia è davvero divertente; sorride a quella donna, riconoscendo che il suo compagno è il solito buffone.
Convinzioni, aspettative sul futuro ed esperienze passate, conducono la mente a dare un significato alla realtà, attraverso la costruzione di un modello mentale.
Come funziona il nostro cervello?
Per accedere alla realtà, il nostro cervello funziona come un proiettore che trasmette il proprio film: qualsiasi esperienza, prima di essere vissuta, viene filtrata dal modello mentale. Ne consegue che ognuno di noi ha una propria immagine della realtà che non è la realtà oggettiva, ma ciò che stiamo, appunto, proiettando.
Ora, facciamo un esempio. Sei in coda alla cassa del supermercato e, improvvisamente, due persone iniziano a discutere. La mente inizia a darsi delle spiegazioni: perché una sta cercando di scavalcare l’altra? La lunga attesa ha suscitato impazienza ed una parola, fraintesa, ha scatenato l’ira di entrambi? L’uno si è ingelosito perché l’altro ha guardato sua moglie qualche secondo di troppo?
Tutte le spiegazioni che ti stai fornendo, in fondo, non corrispondono alla realtà: sono soggettive e dipendono dal tuo “mondo interno”.
Il tuo cervello sta elaborando i dati e crea ciò che percepisce come realtà.
Se sei una persona ottimista, che focalizza l’attenzione sulle infinite possibilità, di certo, non sarai preoccupato. Se, viceversa, vivi di previsioni future fatte di sfiducia, non riesci sicuramente a valicare il tuo pessimismo e visualizzare le altre possibili interpretazioni. In entrambi i casi, però, il tuo modello mentale, che corrisponde al tuo modo di vedere le cose, crea “coerenza”. È incredibile, ma l’obiettivo della mente subconscia, non è la felicità. È la coerenza.
Cerca di ricordare le volte in cui hai discusso con qualcuno, magari perché una sua idea era in contrasto con una tua certezza, ormai ben impressa dentro di te. Bene, è facile ammettere che il più delle volte, tu abbia rifiutato o sminuito quel pensiero differente dal tuo, difendendo a tutti i costi il tuo punto di vista, senza provare a considerare altre possibili informazioni.
La mente, si alimenta delle sue stesse certezze e, attraverso i filtri, crea un’immagine precostituita della realtà.
Noi vediamo ciò che siamo.
Quelli che abbiamo analizzato sono meccanismi automatici che nascono dal bisogno di mantenere le proprie certezze: la mente ha bisogno di coerenza e di conferme per sentirsi al sicuro.
Quindi la mente di chi vuole avere ragione, è la mente di chi vive nell’insicurezza.
Ma torniamo alle proiezioni mentali.
Il primo a parlare di pensieri automatici fu Aaron T. Beck, il quale notò come determinati pensieri emessi dai suoi pazienti, fossero attivati in modo meccanico e senza alcuna consapevolezza. Iniziò a mettere in evidenza quali fossero i pensieri automatici alla base della sofferenza che il paziente manifestava nella seduta.
Constatò che attraverso questi meccanismi automatici, si elaborano e si interpretano le informazioni derivanti dal mondo esterno. Si spiega infatti perché due persone valutano uno stesso evento diversamente o la stessa persona si approccia a diversi eventi nello stesso modo.
Se ci pensi, è quello che verifichiamo continuamente nel nostro quotidiano. Il fatto è che non prestiamo attenzione a questo tipo di meccanismi. Non è ciò che accade a determinare ciò che le persone sentono, ma il modo in cui interpretano l’accaduto. Sono infatti i nostri pensieri a influenzare i comportamenti e condizionare le emozioni che proviamo. Il come interpretiamo la realtà è influenzato dal nostro umore ma, a sua volta, influenza intensamente il nostro stato emotivo. Ne consegue che il significato che diamo agli eventi diviene causa ed effetto di una rigidità mentale per cui riteniamo “vero” solo ciò che ci aspettiamo.
Secondo Beck è difficile correggere le credenze derivanti dagli schemi disfunzionali quando ci sono di mezzo le distorsioni cognitive, ovvero degli errori procedurali sistematici che la nostra mente utilizza nei processi di valutazione.
Per esempio, un tipo di distorsione cognitiva, l’astrazione selettiva, porta il soggetto a prendere in considerazione, in maniera appunto selettiva, solo un aspetto di una situazione (in accordo con le sue convinzioni), ignorando o svalutando tutti gli altri aspetti o le altre possibili interpretazioni. La mente tende a focalizzarsi solo sugli aspetti che confermano la sua visione precostituita.
Immagina che un insegnante dia una valutazione positiva ad un alunno molto insicuro, aggiungendo qualche aspetto di critica costruttiva. Filtrando le informazioni, l’alunno ha l’impressione che tutta la valutazione sia negativa. Il filtro permette alla realtà di aderire ad una convinzione di sé e del mondo che lo circonda (in questo caso negativa).
Questo concetto è spiegato bene nel secondo capitolo del nostro libro “Mente Potente”. Quando una persona esprime un suo parere, quello che l’altro interlocutore percepisce, non arriva puro; viene immediatamente filtrato da pensieri e modelli passati. Non si ascolta in modo neutrale.
Un consiglio per evitare questo ‘errore’ potrebbe essere quello di osservarsi nella prospettiva di un osservatore esterno e chiedersi: “Questa è la realtà oggettiva? O è un agglomerato di pensieri ormai consolidati nella mia mente? Sto prendendo in considerazione tutte le informazioni in mio possesso?”.
Sono meccanismi inconsci ed automatici che esistono in ognuno di noi. Imparare ad osservare tali automatismi permette di considerare più aspetti della realtà.
È utile immaginare i pensieri come le nuvole che vanno e vengono nel cielo. Quando le nuvole vanno via, il cielo resta nella sua integrità.
Ora, il cielo rappresenta la nostra consapevolezza; i pensieri un insieme di informazioni a cui, attraverso la consapevolezza, possiamo dare infiniti significati. E se possiamo osservare i nostri pensieri, allora essi rappresentano qualcosa di esterno a noi.
Se nel valutare un evento riusciamo a considerare che esistono diversi modi per interpretarlo, allora la rigidità mentale farà strada alla flessibilità; si diventa più ottimisti. Ovviamente “ottimista” non è colui che brinda di fronte ad un problema, perché tanto la situazione si risolverà a prescindere da tutto. Questo negherebbe il suo ruolo nella situazione. L’ottimista è colui che ha la capacità di spostare l’attenzione dal problema alla risoluzione del problema, evitando di dire cose distruttive su sé stesso e sull’evento; l’ottimista ha la certezza che il problema non durerà in eterno e che la situazione si risolverà per il meglio.
Martin Seligan, psicologo Statunitense, fu uno dei primi ad interessarsi agli aspetti che accomunano le persone ottimiste e alle caratteristiche che distinguono gli ottimisti dai pessimisti. Questi ultimi hanno la tendenza a vivere una difficoltà come l’ennesima tra gli ostacoli passati e futuri a cui sono (secondo loro) destinati.
Seligan parla delle tre “P” che caratterizzano la persona pessimista: Permanenza, Pervasività, Personalizzazione.
Ora facciamo un esempio per agganciarle ai diversi meccanismi di cui ci serviamo per interpretare la realtà.
Marco è tra i pochi dei suoi collaboratori che ha ricevuto un bonus di fine anno.
Se Marco è un uomo pessimista penserà che questo è solo un singolo evento. Non potrà di certo verificarsi nuovamente (permanenza); è impossibile che capiterà in altri ambiti della sua vita (pervasività); è successo perché la fortuna è girata da quelle parti e dunque non è dipeso dalle sue qualità, ma da un fattore esterno (personalizzazione).
Marco non crede di poter influenzare gli eventi della sua vita. Marco non ha più ricevuto bonus.
Se Marco è un uomo ottimista penserà, invece, che restare sintonizzato sulla frequenza della fortuna, gli permetterà di attrarre situazioni analoghe, che merita l’abbondanza e dunque abbondanza ha ottenuto e prosperità continuerà ad ottenere, che la vita è fantastica e che lui è un lavoratore capace e meritevole. Marco, ha un’ottima autostima. L’anno successivo ha ricevuto sia il bonus che la promozione.
Quale è la differenza tra i due “Marco”?
L’atteggiamento mentale.
È l’atteggiamento mentale ad influenzare ciò che accade. Non sono gli eventi a determinare le nostre emozioni, sono le nostre emozioni a determinare gli eventi.
Si tratta di prendere il controllo della situazione. Di scegliere intenzionalmente come reagire.
In uno dei suoi libri Wayne W. Dyer scrive “Se cresci, sei vivo. Se non cresci è come dire che sei morto”. Restare ancorati alle proprie certezze equivale a non crescere. Allora non rinunciare mai alla scoperta di te stesso e alla scoperta degli infiniti modi di “leggere” la vita.
da admin | Ago 1, 2022 | Blog
Immagina la tua tipica “Giornata No”. Scommetto che non avrai troppa difficoltà nel farlo.
E scommetto anche che le prime sensazioni che ti verranno in mente saranno il nervosismo e la rabbia.
Tutto comincia dalla prima mattina, quando sai che dovrai iniziare la giornata con quelle poche ore di sonno.
Hai dormito poco perché le tue preoccupazioni ti consumavano la mente, i pensieri ti infuocavano il cervello… e ora le tue energie sono al minimo.
A lavoro, cerchi sempre di essere gentile, ma c’è un collega che usa un tono arrogante con te, arrivando a mancarti di rispetto.
Mette in dubbio la tua professionalità, commenta in modo negativo (e inutilmente) il tuo lavoro, senza che abbia la benché minima idea di quali siano le tue difficoltà.
Non tiene conto che hai un’età, un’esperienza, un minimo di voce in capitolo.
Tutto peggiora quando prende il fascicolo del lavoro che hai scritto e te lo sbatte davanti al viso come se fosse carta straccia.
Vorresti mettergli le mani al collo, vero? Ma non lo fai perché ovviamente sei una persona civile, e di certo non andresti in carcere per colpa sua.
Ma covi dentro di te un nervosismo che ti corrode e che devi tenere a freno.
E così, dopo essere sopravvissuto all’ennesima ed estenuante giornata di lavoro, te ne torni a casa credendo di ritrovare la pace… Menti a te stesso, sai già che non sarà così.
Come varchi la porta di casa e cerchi la tua solita poltrona per rilassarti, tua moglie ti chiede se hai comprato quel certo ingrediente dal supermercato per la cena, ma le rispondi che ti sei dimenticato… e le parte il rimprovero facile. Anche lei ha le sue preoccupazioni e non se la passa tanto bene probabilmente.
E in tutto questo ti senti più frustrato e inutile di prima.
E così corri al supermercato, torni a casa e finalmente sprofondi sul divano.
Ma quando pensi di poterti finalmente rilassare, arrivano i tuoi figli piccoli che iniziano a giocare a urlare…
Non riesci a sopportare il baccano e… all’improvviso… uno di loro butta all’aria uno dei sui giocattoli che finisce sul tuo piede, facendoti male…
E lì esplodi… anzi… la tua pentola a pressione (alias la tua mente) è scoppiata e ora sei un vulcano.
Ti agiti, urli, ti lamenti di tutto quello che non va a lavoro, a casa… e nel frattempo i tuoi figli e tua moglie ti guardano come se ti fossi trasformato in un piccolo grande Hulk.
Quante volte ti sarà successo?
Ma soprattutto vuoi continuare a vivere così?
La rabbia è un sentimento normale nell’essere umano, perché nasce dalle sue primitive esigenze di adattamento e sopravvivenza nell’ambiente, ma in questo caso, il tuo problema è che tutta questa rabbia non ti farà sopravvivere.
Evidentemente, ti è stato insegnato che reprimerla nei momenti peggiori è giusto, che manifestarla non è qualcosa di gradito o socialmente accettabile.
Però sappi che tenerti dentro rabbia e nervosismo non ti farà bene o migliorerà la tua condizione di salute.
La peggiorerà senza alcun dubbio.
Come spiega il ricercatore Christophe Haag, professore e ricercatore di psicologia sociale:
“A forza di lasciare che il corpo vada in sovraccarico e in ‘sovralimentazione’, sprechiamo un mare di energie che servirebbero al corpo e al cervello. Imparare a controllare questo processo è fondamentale perché è abbastanza pericoloso per l’uomo”.
Elevati picchi di rabbia possono creare reazioni fisiologiche come ernie, orticaria, psoriasi, asma e mal di schiena, e come spiega il ricercatore, reprimere la rabbia può portare allo sviluppo di patologie decisamente più gravi come malattie cardiovascolari, problemi cardiaci, ulcere e ictus a causa della pressione alta. (Tutti elementi cui dovresti fare attenzione, considerata l’insorgenza media verso la mezza età…).
E se le conseguenze fisiche non ti sembrano abbastanza, ci sono quelle psicologiche che potrebbero farti cambiare idea:
“La fisiologia periferica della rabbia è vicina a quella dello stress, quindi questa emozione può portare allo sviluppo di ansia, fobie o comportamenti compulsivi”, afferma lo studioso Haag.
Ma una delle peggiori conseguenze è sicuramente da ricercarsi nella depressione.
In uno studio condotto da Besharat e altri ricercatori, le prove hanno dimostrato una stretta relazione tra rabbia e depressione:
“Le persone depresse mostravano una maggiore repressione della rabbia rispetto alle persone normali. Questo non può che creare un’implicazione descritta dalla teoria evolutiva della depressione: l’inibizione delle reazioni di lotta (rabbia frenata) e fuga (sentimenti di intrappolamento) possono essere tra le componenti più importanti della depressione. Tuttavia si è visto anche che le persone depresse provavano più rabbia rispetto agli altri soggetti”.
(Fonti:. Asian Journal of Psychiatry, 6, 35-41)
Tutto questo può farti ben capire come, arrabbiandoti, tu stia giocando con la tua salute e a tua insaputa.
Ma questo non significa che per te la rabbia debba essere un sentimento negativo. Come hai visto, è del tutto naturale: ti serve a reagire, a sopravvivere, a far valere i tuoi diritti.
È la cattiva gestione delle emozioni la base del problema, come del resto la tua rabbia.
Proprio per questo motivo, ti porto qui dei consigli pratici su come poter gestire al meglio il tuo sentimento rabbioso (fonti: La forza della resilienza, Rick Hanson):
1) Analizza e osserva la tua rabbia, aiutandoti con la Mindfulness: spesso la rabbia opera inconsciamente, ma quando arriva, osservane le sensazioni, i pensieri che ti procura, cerca di comprendere quali sentimenti di insoddisfazione o frustrazione si nascondono, i traumi o i dolori emotivi. Accetta questi sentimenti con compassione. Arrivare a comprendere questi meccanismi, a prendere consapevolezza delle cause, questo fa sì che la rabbia spesso si estingua da sé.
Utilizza la Mindfulness per osservare i due momenti in cui la rabbia si manifesta: innesco e scintilla. L’innesco è l’accumulo di tanti piccoli fattori irritanti, sono (come afferma Hanson) come una pila di fiammiferi che possono prendere fuoco da un momento all’altro.
La scintilla è, per l’appunto, lo scoppio, accende quei fiammiferi e si trasforma in un rogo (come la tua reazione davanti a tua moglie e ai tuoi figli che ti ho descritto sopra…).
2) Riconosci gli aspetti auto-lesionistici della rabbia: pensa a come ti fa star male provare quel sentimento (anche se questo può darti una momentanea soddisfazione nel desiderare una vendetta, un riscatto, ecc…), pensa a quante ore di sonno hai perso, a come il tuo corpo e i tuoi nervi ne hanno risentito, a come i rapporti con gli altri siano stati compromessi da reazioni imprevedibili. Questo rispecchia molto bene quel proverbio che dice che “serbare rabbia è come assumere un veleno aspettandoti che sia l’altra persona a morire”.
3) Intervieni sulla fase di “Innesco”: come già detto due paragrafi più su, l’innesco è quella fase di preparazione allo scoppio della rabbia. Previeni questo sentimento; se per esempio devi discutere con un tuo collega dei problemi che avete a lavoro, prima di farlo svuota la mente, prenditi una pausa e valuta bene quali siano le parole migliori per avere una comunicazione efficiente e senza intoppi. Identifica le situazioni, gli ambienti, le persone che più ti suscitano irritazione, definiscili bene nella tua mente: “es. sono nervoso perché mi hanno annullato il volo per il mio viaggio”, “sono stanco di sentire mia sorella lamentarsi”, “nessuno mi aiuta mai a lavoro”.
E quando arriva la “scintilla”, chiediti quanto siano gravi i motivi per cui potresti avere una reazione forte. Misura su una scala da 0 a 10 quanto la tua reazione possa essere commisurata rispetto al problema. Chiediti se ne vale la pena o meno, perché è possibile che il giorno successivo te ne sia già dimenticato.
4) Non parlare o agire per rabbia, ma cerca di trovare una soluzione reale al problema: per esempio vorresti che un tuo familiare comprasse qualcosa, ma nel frattempo se n’è dimenticato. A quel punto, non utilizzare un linguaggio giudicante (es. “sei il solito sbadato”, “non cambi mai”, “vivi in un mondo tutto tuo”), evita aggettivi, critiche e giudizi, fai notare la mancanza (certo, mai detto che la rabbia vada repressa), ma senza usare accuse che vadano sul personale e che inneschino reazioni esagerate.
5) Vivi la tua rabbia, ascoltala e separala dai tuoi pensieri: è un sentimento che devi sicuramente accettare, comprendere, concepiscilo come un messaggero, un benevolo campanello d’allarme che ti sta segnalando qualcosa che dovresti cambiare nella tua vita. Dopo averlo riconosciuto, affronta la causa, il problema da cui scaturisce. Separa la rabbia dai tuoi pensieri e dalle tue parole affinché questi non siano influenzati, lascia che ti attraversi e se ne vada.
Per dirlo con una metafora, lascia che l’acqua scorra nel torrente del tuo fiume emotivo, senza mettere argini che ne danneggino il corso.
Questi sono soltanto alcuni dei consigli che puoi cominciare a seguire per migliorare la tua vita.
Non raccontarti mai che “è troppo tardi per cambiare”.
Agire sulla rabbia può avere un cambiamento salutare e positivamente determinante per la tua salute psicofisica e per le tue relazioni con gli altri… dal lavoro agli amici, fino ad arrivare alla famiglia.
Ovviamente questo non è che l’inizio, ma intanto puoi cominciare a gettare le fondamenta per un cambiamento positivo, solido e stabile per il tuo futuro.
Ci sono altri mondi… anche in questo.
Dario Perlangeli
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