L’orso bipolare Gus, la zoochosi e le tue gabbie mentali…

L’orso bipolare Gus, la zoochosi e le tue gabbie mentali…

Ti racconto questa storia molto particolare. Verso la metà degli anni ’90, Gus, un orso polare che viveva nello Zoo di Central Park, allarmava i visitatori nuotando in maniera compulsiva creando delle forme di “8” nell’acqua, talvolta fino a 12 ore al giorno, e inseguiva i bambini dalla sua gabbia. Lo staff dello Zoo fu costretto a innalzare delle barriere per non far spaventare i bambini.

A causa di questa nevrosi, Gus divenne così popolare che gli fu attribuito il soprannome “orso bipolare”, oltre che prescrivergli una terapia comportamentale. 

Ma questo non è il solo caso registrato, ce ne sono tanti, segnalati in innumerevoli condizioni di cattività, e citati per esempio in un libro di Laurel Braitman, scrittrice di fama internazionale: qui si parla addirittura di un cane che si getta dal quarto piano, di un asino che morde gli stinchi, o di un gorilla che piange. 

Si trattava di una ripetizione patologica e stereotipata di comportamenti, tanto evidente da portare la comunità scientifica a indagare il fenomeno, e così nel 1992 Bill Travers diede la definizione di “zoochosi” a quella che sembrava una vera pazzia o psicosi degli animali (disturbi comportamentali come il morso della barra, grooming eccessivo, dipendenza e autolesionismo).

Ma quali erano le cause? Innanzitutto quella più ovvia che ti viene in mente: il distacco dall’habitat naturale e le condizioni di detenzione (gabbie, incatenamento ecc…). E in secondo luogo sembra che sulla condizione psicologica degli animali incida anche il distacco dalla famiglia.

La maggior parte degli esempi patologici che Braitman descrive nel libro soffre per l’innaturalità del luogo in cui abita. A confermare che la cattività costituisca un male psicologico per gli animali è il libro “Gli animali ci rendono umani” delle studiose Temple Grandine e Catherine Johnson, che affermano che questi comportamenti non avvengono quasi mai in luoghi selvaggi o habitat naturali.

Cosa c’entra tutto questo con gli esseri umani, te lo stai chiedendo vero?

Che siano di tipo fisico o psicologico, parliamo pur sempre di gabbie. Alcune si possono vedere e toccare, altre sono invisibili. Le barriere fisiche sembrano le più pericolose.

Alcuni studi tra cui uno effettuato alla Sapienza di Roma, hanno confermato che talvolta, per esempio, le condizioni dei detenuti di genere femminile portino le prigioniere a somatizzare stress, ansia, irritabilità, condotte di evitamento e impulsività. 

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Ma non è quello che accade anche fuori? 

C’è un altro livello di prigionia, di cui spesso non si è consapevoli che genera conseguenze simili o peggiori. Mi riferisco alle gabbie “mentali”, quelle che non ti impone nessuno, ma che tu crei inconsapevolmente nella tua mente. 

Hai presente le tue convinzioni? Quello che pensi di te stesso? “Non sono abbastanza bravo”, “non lo merito”, “non sono capace”. O ciò che pensi dei tuoi obiettivi? “Non ce la farò mai”, “Non sono alla mia portata” ,“Troppo difficili da raggiungere”.

Se ti chiedessi “quando hai cominciato a pensare queste cose di te stesso?”, magari non sapresti neanche dirmi da dove hanno origine queste convinzioni. Eppure rappresentano i limiti di ciò che ritieni possibile, la tua prigione.

Probabilmente non sai che, fin da quando eri bambino, l’ambiente che vivevi, i discorsi che hai ascoltato,  tutto ciò che hai sentito lo hai assimilato come certezza, perché il cervello in età infantile è nello stato theta, quindi altamente ricettivo. 

Da qui, senza neanche accorgerti, inizi a sviluppare quelle che diventano le reti neurali che formano le tue convinzioni: la convinzione di essere timido, la convinzione di non essere capace, bello, bravo, all’altezza.

Che cosa sono queste se non vere gabbie che limitano il tuo agire?

Ti sarai così costruito delle gabbie invisibili con le tue stesse convinzioni limitanti. È come se fossi uno di quei gorilla in gabbia nello zoo. Cammini sempre nello stesso perimetro, senza sapere che al di fuori di esso hai un mondo di infinite possibilità.

Continui a muoverti nella tua vita in maniera stereotipata, a commettere gli stessi errori, a vivere le stesse situazioni, a essere perennemente stanco di tutto questo senza però sapere come riuscire a cambiare!

E se ti dicessi che esiste una chiave molto potente per aprire la tua gabbia, per cambiare la tua vita in meglio?

Ovviamente, nulla avviene per magia. Ci avrai provato più volte a cambiare dei comportamenti, a risolvere dei conflitti, a creare nuove abitudini.  Avrai forse già provato a intraprendere dei percorsi psicologici, delle terapie o dei corsi motivazionali. 

Forse non eri a conoscenza che esiste un Metodo che ti aiuta a realizzare tutto questo oppure ne sei a conoscenza ma le tue “barriere mentali” oppongono resistenza. 

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Dario Perlangeli

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