C’era una volta un guerriero che in battaglia, per proteggersi dalle frecce e dagli attacchi nemici indossava un’armatura così spessa da essere impenetrabile a qualsiasi attacco.
Era un’armatura che il prode guerriero aveva irrobustito negli anni.
Attraverso l’esperienza aveva rinforzato con grossi pezzi di metallo le parti più vulnerabili fino ad assicurarsi di non poter più subire alcun danno durante le schermaglie.
I suoi nemici, un giorno decisero di cambiare strategia. Invece di attaccarlo in maniera diretta, colpirono il suo cavallo mentre attraversava il fiume con in sella il prode condottiero e scelsero di attaccarlo mentre era nella parte più profonda del fiume.
L’animale colpito si imbizzarrì e fece cadere di sella il cavaliere. Questi cercava di emergere dal fiume per poter respirare ma la corazza che indossava era troppo pesante e lo trascinò sul fondo.
Quello che fino a poco tempo prima lo aveva protetto ora lo aveva condannato a morte.
Una volta l’attrice americana Celeste Holm disse:
< Portare una corazza ti evita il dolore, ma ti evita anche il piacere>
Come darle torto ?
Alcune persone sono così “indurite” dalla vita da aver perso la sensibilità verso ciò che può essere gentile, bello, dolce, amorevole. O anche semplicemente “leggero”.
< Ogni ferita un centimetro di corazza in più >
È una frase in cui rivedo parte della mia vita.
Quando per almeno un decennio sei costretto alla sofferenza perché ti “salta” la famiglia, il lavoro e persino le certezze personali, finisci con il creare una corazza che ti protegge persino da te stesso.
Dalla tua incapacità di far bene, di valutare bene, di scegliere bene.
E intanto la vita ti scorre davanti e ad un certo punto ti accorgi che non più sbagliare.
Non puoi più permetterti di sbagliare in una relazione, non puoi più commettere errori con i tuoi figli, non puoi più correre il rischio di fallire nel lavoro.
Sei all’ultima spiaggia.
Che fai allora? Scegli di adottare un atteggiamento prudente, difensivo, diffidente.
Vivi con i muscoli del corpo perennemente contratti come se ti aspettassi da un momento all’altro di doverti difendere da qualcosa, da qualcuno, da te stesso.
Certo, l’armatura che indossi rende molto più difficile il compito di chi potrebbe ferirti, ma anche quello di chi vorrebbe amarti.
Scegliere di vivere in modalità sopravvivenza non può che frenare o impedire la tua crescita.
Le armature troppo pesanti ostacolano il tuo avanzare, ti sono d’intralcio in determinate situazioni e precludono un sano evolversi della tua psiche e delle tue relazioni con gli altri. Le tue corazze diventano le tue prigioni.
È importante proteggere se stessi ma è anche fondamentale non diventare schiavi della paura, paura di soffrire, paura di amare e di mettersi in gioco.
E allora bisogna fare qualcosa. Bisogna cominciare a fare qualcosa.
E da dove cominci se non da te stesso? Dalla fiducia in te stessi, dal credere in te stesso, dall’amare te stesso. Forza allora, riparti da te, ripartiamo insieme!!
Dario Perlangeli