Se dovessi descrivere la situazione che stavo vivendo, lo farei con un’immagine: io immersa in un deserto di nulla a cercare chissà cosa.
Era un continuo stare lì ad arrovellarmi il cervello e la vita mi passava davanti.
Mi focalizzavo continuamente su quello che mi mancava, tendevo ad essere negativa.
Non mi fidavo della mia parte ottimista.
Avevo una continua sensazione di disagio.
Appena decidevo di fare qualcosa per uscire da quello stallo, c’era una voce che mi diceva: “ma dove vai? Perché dovresti cambiare, stai bene qui dove stai”.
Quella voce mi teneva in quel deserto, nella mia mediocrità.
Volevo riuscire a fare un passo fuori da quel pantano, andare oltre tutti quei blocchi che avevo.
A partire da tutte quelle fobie che mi impedivano di fare un sacco di cose, come per esempio viaggiare.
Mi sentivo pesante, mi sentivo grigia.
Sapevo che potenzialmente potevo fare tanto, ma non mi sentivo libera di muovermi come volevo.
Era come se sentissi minacciata la mia libertà di azione, la mia libertà in generale.
Sentivo una forte energia che però veniva sprecata in tristezza e paure di ogni genere.
Volevo invece canalizzarla a mio favore.
Sentivo di vivere la mia vita al 50%.
Sapevo di poter ottenere qualcosa in più, che c’era una parte di me che voleva uscire, la sentivo, ma non sapevo come fare.
Mi sentivo pigra, svogliata, demotivata.
Avevo bisogno di essere più energica, più costante, più viva!
Era come se non avessi proprio energia e non sapevo nemmeno dove andare a prenderla.
E nel voler vivere la vita in modo pieno, c’era però la paura di prendermi delle responsabilità.
E di conseguenza avevo paura del successo, perché significava prendermi la responsabilità della mia vita.
Ne temevo le conseguenze, pensavo che sarei stata poi abbandonata.
Era come se, emergendo, non sarei stata più nella folla insieme agli altri, ma sarei rimasta sola.
Penso che questo fosse molto collegato a un’altra grande paura, che era quella del giudizio.
Un pensiero che mi veniva spesso era quello di non avere molta importanza per gli altri e di essere un po’ inutile, diciamo così.
Credevo sempre di dare fastidio, anche solo nel chiedere di andare a bere un caffè ad un amico.
Mi fissavo troppo anche nei ruoli, ad esempio nel ruolo di madre.
E forse anche in quello di figlia.
Anche nella relazione con mia madre le cose non andavano molto bene, dipendevo ancora troppo dal suo stato d’animo, quindi volevo capire come fare per tagliare quel cordone invisibile che faceva male sia a me che a lei.
E poi il classico timore che i miei figli potessero stare male, la paura di una malattia.
Ma io non volevo trasmettere tutti questi tormenti anche a loro.
Volevo che fossero felici.
Volevo una vita piena e appagante.
Non avevo degli obiettivi chiari, il mio sogno era quello di riuscire a definire un sogno, di riuscire a vederlo.
Se fossi riuscita a capire cosa mi piaceva davvero, ero disposta anche a cambiare lavoro.
Mi chiedevo: “com’è possibile che non ci sia niente che mi faccia stare bene, un hobby per esempio?”
Ma anche una cosa che mi piaceva fare, quasi mai la portavo a termine.
Avevo bisogno di trovare il mio posto, capire dove volessi stare, ritrovarmi.
E se quel Metodo INCIMA poteva essere anche solo una piccola mappa, sarebbe stato già tanto.
Avevo intravisto qualcosa su Facebook, perché volevo iscrivere mio figlio a 11eLode, la scuola di Cristina.
E poi una serie di “coincidenze” mi hanno portata a dire: “ma perché non provare?”
Io sono sempre stata molto razionale, molto diffidente.
E fino alla fine non ero completamente convinta di voler partecipare, però mi sono fatta guidare da qualcosa che andava oltre la mia parte logica.
Mi chiedevo: “ma quanto tempo ci vorrà? C’è comunque un tempo lungo per crescere…”
Una parte di me voleva provare, l’altra parte diceva: “ma dove stai andando?”
Alla fine ha vinto la prima e mi sono lanciata.
C’era un po’ di paura perché era un’esperienza che non avevo mai vissuto, con persone completamente estranee.
Era un po’ un lanciarsi nel vuoto.
Speravo di trovare degli strumenti che potessero darmi qualcosa in più rispetto a quello che avevo già trovato nel mio percorso personale, che avevo già iniziato per conto mio.
Ma, in una maniera molto franca e umile, mi sono aperta all’idea di farmi aiutare da chi ne sapesse più di me, che avesse raggiunto livelli più alti e avesse un sistema valido e già testato.
Io ero molto confusionaria, tendevo a fare il minestrone.
Quindi innanzitutto gli strumenti del Metodo hanno fanno ordine nella mia testa e nel mio bagaglio di informazioni.
Ti danno una traiettoria, ti permettono di rimanere in carreggiata e questa è una cosa fondamentale.
Perché io fino ad allora avevo cercato continuamente una soluzione, ma poi mi puntualmente mi perdevo.
Invece il Metodo ti dà quella sicurezza in più perché sai che quella è la direzione.
E poi la calma.
Ci sono degli strumenti, come il training mentale Mind Re-start, che ti aiutano ad allenarla e farla diventare una tua caratteristica.
E’ la calma la cosa da cui partire.
Inoltre gli strumenti ti permettono di ripartire ogni volta che ne hai bisogno e dal punto in cui vuoi, nel caso dovessi andare un attimo fuori strada
Così come anche le sessioni personalizzate di coaching.
Prima mi sentivo l’unica, la sola, a vivere certe emozioni ed esperienze.
Adesso invece so di stare all’interno di un gruppo dove questi concetti sono accettati dagli altri e vissuti anche da loro.
E’ bello e molto significativo poter far parte di un gruppo in cui non ti senti un pesce fuor d’acqua.
Dove non sono solo io a pensare certe cose, a voler crescere, a volermi mettere in discussione.
Col fatto di conoscere Dario, Cristina e tutto il loro team, i compagni di viaggio, tutti, quell’esigenza che sentivo ha acquistato realtà.
C’era davvero la possibilità di sentirsi meglio, ho per la prima volta creduto che fosse possibile anche per me.
Uno dei risultati maggiori è stato quello di fare piena esperienza di attimi di pura presenza.
Prima non mi rilassavo mai, correvo sempre dietro a qualcosa che credevo potesse farmi stare bene.
Facevo dipendere il mio benessere da fattori esterni, come ad esempio avere sempre la casa pulita e ordinata.
E mi dicevo che solo quando in casa fosse stato tutto perfetto allora avrei potuto rilassarmi.
Relax che non arrivava mai, perché c’era sempre qualcosa fuori posto per me!
Ora invece non lego più il mio stato interiore alle condizioni esterne.
Finalmente ho degli obiettivi ben chiari.
Voglio dare il meglio ai miei bambini e iniziare a fare delle cose anche solo per me, per il puro piacere di divertirmi.
E poi sto acquistando un terreno, per poter costruire la casa dei miei sogni.
Già mi immagino lì, mentre i bambini giocano nel giardino…
L’essere più determinata rispetto a prima, credo che mi porterà a raggiungere tutti gli obiettivi che mi prefiggerò, a partire da quelli quotidiani.
Il Metodo INCIMA ti fa fare la svolta.
Per fortuna non ho dato retta a quella vocina che mi diceva: “continua a fare la vita che hai sempre fatto!”.
Martina Tarantino